martedì 25 dicembre 2007

Buon Natale

Ma come si fa a dire Buon Natale davanti alla miseria del mondo?
Per spiegarlo, mi affido ad un bieco autocitazionismo.

Posso e devo augurare Buon Natale. Posso perché il Natale è il momento che ha portato nel mondo la possibilità per tutti di essere salvati dalla propria miseria umana, ha introdotto nella storia una positività inaspettata, concretizzandola non in una bella idea, o in un supereroe, ma in una persona: carne e sangue, gioia, dolore, fatica, segno che per tutti è possibile vivere così, come quella persona. Devo perché, in virtù di tutto questo, il Natale è Buono per definizione. Non è un semplice augurio, una formuletta di cortesia: è l'annuncio di un fatto straordinario.

Quindi, Buon Natale. A tutti, anche a quelli cui non interessa. Perché il Natale è accaduto per tutti.

venerdì 21 dicembre 2007

Blah Blah Blah Yak Yak Yak [Updated]


Tre giorni fa, nella casella e-mail del lavoro mi giunge questo messaggio dalle RDB dell'università:
PUNIRE I "FANNULLONI" E "PIANTAGRANE"?

Cari colleghi,
nei giorni scorsi e' stata comminata a carico di una nostra collega la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio, provvedimento di una gravita' tale da far recedere in secondo piano le numerosissime sanzioni applicate fino a questo momento dall'Universita' Bicocca con estrema disinvoltura e accolte da buona parte del personale con atteggiamento misto fra rassegnazione, omerta' e assuefazione.
Questo fatto induce tutti noi (NESSUNO PENSI DI POTERSI CONSIDERARE ESCLUSO) ad alcune inquietanti riflessioni.

L'Universita' Bicocca, che ha meno di dieci anni di vita, annovera fra il suo personale tecnico-amministrativo, per circa l'80% dei casi, dipendenti di giovane eta', in possesso di titoli universitari, post-universitari e abilitazioni professionali anche per posti per l'accesso ai quali e' previsto il diploma di scuola superiore. I nostri colleghi, educati ai valori della cultura meritocratica e della competizione, svolgono con estrema serieta' i compiti ad essi affidati, si assumono spessissimo responsabilita' superiori a quelle connesse alla loro qualifica, e pur di portare a termine entro le scadenze previste i propri compiti si recano al lavoro anche in pessime condizioni fisiche o addirittura di sabato o nei giorni festivi o, quando possono, svolgono il lavoro arretrato a casa propria (il tutto naturalmente A GRATIS). La "coscienziosita'" e la "solerzia" spingono una parte cospicua del personale a segnalare (delare) in modo costante ai superiori i comportamenti dei propri colleghi ritenuti scorretti sul piano lavorativo.
Nonostante tutto l'impegno e l'entusiasmo profuso dalla quasi totalita' del personale tecnico-amministrativo, LA BICOCCA NON RIESCE AD OFFRIRE UN SERVIZIO MIGLIORE rispetto a quello offerto da altre pubbliche amministrazioni la cui dirigenza non puo' certo far conto su cotanto ben di Dio.

PERCHE'? Proviamo insieme a formulare qualche ipotesi.

Il senso di responsabilita', la coscienziosita' e l'entusiasmo profuso dai dipendenti hanno favorito il consolidarsi, da parte di coloro che in Bicocca detengono posizioni di comando, di un atteggiamento di deresponsabilizzazione, assenza di progettualita' e insofferenza nell'affrontare le problematiche legate all'organizzazione del quotidiano funzionamento delle strutture di cui, secondo le leggi che disciplinano la pubblica amministrazione e secondo il senso comune, si dovrebbe ritenere che siano responsabili. Coloro che in Bicocca detengono posizioni di comando percepiscono, nonostante la spesso palese incapacita' organizzativa, cospicue indennita', pagate con denaro pubblico, di responsabilita' e di risultato (queste ultime nella misura massima).

In un simile contesto, IL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE SI RIVELA LO STRUMENTO CARDINE PER LA CONSERVAZIONE DELLO STATUS QUO e per l'intimidazione diretta e indiretta rivolta a quei dipendenti che, frustrati dalla mancata corrispondenza fra impegno ed entusiasmo investiti nel lavoro e risultati conseguiti (della cui carenza tutti i dipendenti vengono costantemente fatti oggetto di accuse), iniziano a manifestare il proprio disagio e ad interrogarsi sul senso di quanto sta accadendo intorno a loro .

UNA PRIMA RISPOSTA ALL'INGIUSTIFICATA SANZIONE.

RDB BICOCCA ha promosso una raccolta di fondi per sostenere economicamente la collega penalizzata dalla decurtazione dello stipendio. Vi faremo sapere le modalita' di adesione.

Come sindacato abbiamo inoltre attivato immediatamente i nostri canali legali per presentare ricorso e ottenere l'annullamento dell'ingiusta sanzione.

Esprimiamo infine la nostra perplessita' sul fatto che la commissione disciplinare venga presieduta dal direttore amministrativo, la cui presenza, in qualita' di superiore gerarchico degli altri due componenti a latere, condiziona pesantemente la sussistenza di un'autentica collegialita' nell'adozione delle decisioni. Sulla composizione della commissione disciplinare intendiamo promuovere un confronto con tutti gli ambiti di rappresentanza del personale tecnico e amministrativo.


RDB BICOCCA

Dopo aver letto tutto il papocchio, un grosso punto di domanda mi si è formato sulla capoccia. Quindi ho inviato una semplice domanda:

> Cari colleghi,
> nei giorni scorsi e' stata comminata a carico di una nostra collega la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio

Sì, ma... per quale motivo?

alla quale, dopo tre giorni, non ho avuto alcun accenno di risposta, nemmeno un "Non possiamo dirlo." Badate, non ho domandato chi fosse, quindi non potrebbero tirarmi in ballo la privacy. Ho solo chiesto per quale motivo sia stato preso tale provvedimento. Nessuna risposta. Probabilmente perché se me lo dicessero, risulterebbe lampante come la sanzione sia assolutamente motivata e tutte le loro chiacchiere, condite da polemiche gratuite, si mostrerebbero per quello che sono (come se già non lo facessero): un ammasso di inutilità e banalità. Non del tutto sbagliate, ma stucchevoli nel loro incensare i "poveri dipendenti vessati" e rovesciare veleno su chi comanda. Persone meritorie ce ne sono molte, ma anche i fancazzisti abbondano. Secondo loro invece sono tutti degli alacri lavoratori, frustrati dall'incompetenza di chi li comanda.

Ma, ehi, noi siamo le RDB, siamo dalla parte del lavoratore sempre e comunque! Altrimenti che ci stiamo a fare? Dobbiamo mostrare che serviamo a qualcosa!
Magari potreste lavorare un po' più seriamente, senza credere che lo stipendio vi sia dovuto solo perché siete stati assunti, e imparare che il lavoratore va tutelato quando lavora, non a prescindere.

(E poi scommetto che se questi lavoratori bravissimi e sottovalutati salissero nella gerarchia, all'improvviso diventerebbero degli inetti vessatori, come chi li comanda ora. Vero?)

Update 07/01/2008
Da quel che ho saputo (ovviamente per vie traverse), la persona sospesa dal lavoro ha subito il provvedimento disciplinare perché ha lanciato una pinzatrice addosso a una collega. E non era nemmeno la prima volta.
Quindi che ci azzeccano tutti gli sproloqui sui dipendenti vessati, lo status quo, eccetera?

Credo che accada questo nel cervello dei rappresentanti delle RDB quando se ne escono così.

mercoledì 19 dicembre 2007

Chi si umilia sarà innalzato

Mercoledì scorso ho conosciuto Rosalba.
Rosalba vive a Novosibirsk da 16 anni, dopo aver abbandonato un lavoro che adorava ed essere partita allo sbaraglio solo perché qualcuno le aveva detto che lì c'era bisogno di lei.
Tempo e fatica dopo, dinanzi al non piccolo problema delle ragazze madri in Russia, grazie a lei e alle sue amiche è nata la Casa Golubka.
Quello che mi ha stupito di questa donna è la sua estrema semplicità, pur non scevra di fatica, nel dire di sì, e mi è venuto spontaneo pensare che questo l'ha resa più grande di tanti che si sforzano di diventare grandi nella società. Che magari avranno i riflettori puntati su di loro, magari saranno coperti di ammirazione e soldi, ma non avranno mai la ricchezza e il fascino umano di questa piccola, grande donna.

giovedì 29 novembre 2007

"Buon" Natale?

Martedì sera ero in auto. Ad un semaforo rosso compare il solito venditore di rose che cerca di tirar su in questo modo due soldi. Per una frazione di secondo ho valutato l'ipotesi di acquistarne una da affiancare al regalo di compleanno per un'amica, ma l'ho subito scartata. Però la mia immaginazione, sempre molto più lesta dei pensieri "reali", mi aveva già dipinto in testa la possibile scena di me che chiamo il tizio, acquisto una rosa e poi, dato che siamo "in periodo", gli auguro Buon Natale prima di sgommare via.
Nell'istante in cui ho immaginato di porgere l'augurio, il mio sguardo si è fissato sul venditore. Sporco, magrissimo, sdentato, probabilmente vive malissimo, senza avere nemmeno da mangiare. Magari c'è addirittura qualcuno che lo sfrutta, lo costringe a fare questo lavoraccio. E come posso io, a uno così, augurare Buon Natale?! L'idea mi ha disorientato.
Pochi istanti dopo, però ho pensato che, sì, posso e devo augurargli Buon Natale. Posso perché il Natale è il momento che ha portato nel mondo la possibilità per tutti di essere salvati dalla propria miseria umana, ha introdotto nella storia una positività inaspettata, concretizzandola non in una bella idea, o in un supereroe, ma in una persona: carne e sangue, gioia, dolore, fatica, segno che per tutti è possibile vivere così, come quella persona. Devo perché, in virtù di tutto questo, il Natale è Buono per definizione. Non è un semplice augurio, una formuletta di cortesia: è l'annuncio di un fatto straordinario.
E tutto questo l'ho capito solo in quel momento, dopo tanti anni. Grazie al sorriso sdentato di un poveretto. Cui non ho nemmeno comprato la rosa, perché intanto il semaforo era diventato verde.
Se mi ricapita a tiro, la rosa gliela comprerò. E gli augurerò Buon Natale. Perché il Natale c'è anche per lui, anche se magari non gli interessa minimamente.

domenica 25 novembre 2007

La verità è semplice

Per le bugie, invece, occorrono inventiva e tanta faccia tosta. Come quella di Giulietto Chiesa, Dario Fo, Moni Ovadia e compagnia.
Omettere e mistificare i fatti per alimentare l'odio e il sospetto verso gli USA, solo perché vi stanno sulle scatole, non vi rende alcun merito, cari "signori". Men che meno, dileggiare chi negli attentati dell'11 settembre 2001 è morto.
Fortuna che qualcuno che sa usare la testa esiste ancora.

giovedì 22 novembre 2007

Compro un diesel, così poi risparmio sul carburante!

Così pensavo all'inizio dell'anno.
Invece di blablabla, non potete FARE qualcosa per questo, signori "Non saremo il governo delle tasse"?

mercoledì 21 novembre 2007

Non è una bomba atomica! E' un ordigno esplosivo ad alto potenziale.

Secondo il Corriere della Sera, la "pillola del giorno dopo" non causa aborto. Probabilmente si divertono a giocare semanticamente sul fatto che c'è gravidanza solo se l'embrione si è impiantato nell'utero. Se non c'è gravidanza, non si può parlare di aborto!
Ma se c'è stato il concepimento, e il bambino che inizia a svilupparsi muore perché non può impiantarsi nell'utero, come si chiama? Paraculaggine?

lunedì 15 ottobre 2007

Italian Welfare Society - 2

Esistono donne che decidono di abortire non perché non vogliano il bambino, ma perché sarebbero lasciate sole a crescere il figlio e/o non avrebbero abbastanza soldi per farlo e tempo da dedicargli, perché devono lavorare per sopravvivere.
Che si fa? Aiutiamo economicamente queste donne e affianchiamo loro persone che le aiutino quando hanno problemi a seguire figlio e lavoro?

Molto più economico e sbrigativo regalar loro l'aborto. In fondo, il mondo è già sovrappopolato. Gli ambientalisti sono pure contenti di avere un futuro consumatore-inquinatore in meno.

lunedì 1 ottobre 2007

Scherzi da prete

Il nuovo, clamoroso attacco alla Chiesa arriva, a quanto sembra, proprio da alcuni suoi ministri. Sarà vero? Sarà falso? Non è ciò che mi interessa, al momento. La cosa che mi preme far notare è un'altra. Cioè che si vuol far passare l'idea che, in fondo, tutti i preti sono dei sessualmente repressi, che si cercano le proprie avventurette in maniera riservata, quindi sarebbe meglio permetter loro di sposarsi, e che tanti di loro sono persino omosessuali, per cui l'avversione della Chiesa verso l'omosessualità è ipocrita.

Alle solite valanghe di banali e ritrite accuse, commenti, insulti che seguiranno, voglio muovere solo due obiezioni.
  1. I preti sono uomini, e come tali imperfetti. Non è una novità che un prelato "ci caschi", ma questo non è mai stato un'obiezione al messaggio di Cristo propagandato dalla Chiesa, che lui stesso ha costituito di uomini, che sono imperfetti, inclini all'errore. Ma avrà ben saputo cosa stava facendo, no? Non mi pare che fosse uno stupidotto qualunque. E nonostante tutti gli errori, la Chiesa esiste ancora.
  2. Questi preti, che si comportano così e non hanno timore di farlo, sanno cosa hanno giurato quando hanno ricevuto l'ordinazione? Sanno a cosa hanno rinunciato coscientemente (non credo qualcuno li abbia obbligati)? Eppure non se lo fanno mancare? E cosa spera di ottenere chi fa "outing" in questo modo, come l'ultimo sacerdote citato? Se non gli stanno bene le condizioni del sacerdozio, perché l'hanno intrapreso? Perché non lo abbandonano? Se sono in dichiarato contrasto con la Chiesa, perché continuano a starci dentro e addirittura ad esserne ministri? Sperano in una improbabile "rivoluzione dal basso" o sono semplicemente dei fanfaroni che non saprebbero che altro fare nella vita?

domenica 30 settembre 2007

Italian Welfare Society

C'è il problema dei lavavetri assillanti ai semafori. Molti di loro sono anche obbligati da qualche criminale a svolgere questo lavoraccio.
Bene, cosa si fa per risolvere il problema? Li aiutiamo a liberarsi dal racket e a trovarsi un lavoro serio, così che possano anche regolarizzarsi se sono in Italia senza permesso di soggiorno?
Naaah, è molto più semplice arrestarli.
Pare che la giunta di Firenze si senta obbligata a continuare nel solco autoritario tracciato dai padri fondatori russi e cinesi.

venerdì 6 luglio 2007

Downside-up

Secondo il ministro francese Boutin, il presidente Bush potrebbe essere il vero responsabile degli attentati negli USA dell'11 settembre 2001. Questo sarebbe dimostrato dal fatto che molte persone visitano i siti internet che propongono tale teoria.
Alla signora ministro dovrebbero spiegare che non è la popolarità di un'idea a renderla valida e giusta (di esempi in tal senso la storia trabocca), e il modo in cui funziona internet: una persona potrebbe visitare un sito "complottista" per caso o perché interessato a sapere i motivi per cui si formulano certe accuse, senza per questo condividerle, o decidendo a posteriori che è tutta fuffa. Poi può sempre passare il link a tali siti ad altre persone non perché sia d'accordo, ma per semplice curiosità, o aggiungendo "Ehi, guarda che idiozie dicono qui!", e altri andranno a visitarli.
Non ci vuole un genio.
Forse, per essere ministro, ci vuole ancora di meno.

martedì 19 giugno 2007

Il momento di sfiducia

Ci sono momenti in cui guardo il mondo e penso che ormai sia già tutto perduto, che a lungo andare la dittatura del desiderio vincerà nonostante la strenua resistenza di chi ancora si affida alla Ragione, quella vera, quella che si apre alla totalità dei fattori, per dare un giudizio sulla realtà, invece di considerarla come un alibi per estraniarsene a colpi di seghe mentali che cercano di dare una giustificazione "razionale" e "scientifica" ai propri istinti, nobilitandoli.
E allora fate i DiCo, usate gli embrioni come cose (anche la persona, checché se ne dica, è considerata tale, ormai), eutanasatevi, lasciate che la nostra cultura e tradizione vadano in pezzi e siano sputacchiate e calpestate, lasciatevi guidare da tutte le vostre pulsioni senza porvi alcun freno. Fate tutto quel che volete, prendete, usate, abusate, consumate e buttate via tutto, voi stessi in primis, e godete pure nel farlo, per quanto ci si riesca. Irridete pure chi vi sventola davanti il fantasma della distruzione della società, e provate a farlo ancora quando inevitabilmente accadrà, quando altre culture dalla più forte identità e caratura ci marceranno sopra, come già accaduto tante volte nella storia dell'uomo.
Alla fine di noi non resterà più nulla, e forse ci sarà un nuovo inizio, forse si capiranno gli errori e vi si porrà rimedio. O forse ricadremo semplicemente nella barbarie completa, come già sta avvenendo ora occultandolo sotto una patina di "civiltà" e esaltandolo al grido di "libertà" (libertà da cosa? Dal buon senso?).

Poi ci ripenso e capisco che gettando così la spugna faccio torto proprio alla Ragione che vorrei difendere. Finché ci sarà qualcuno che combatte contro la deriva della società occidentale, significa che ci sarà ancora qualcosa da salvare. Se non altro, noi stessi e il nostro futuro.
E si fottano quelli che vogliono autodistruggersi e trascinarci con loro.

lunedì 16 aprile 2007

Rousseau? Ce lo mena...

Sesso e telefonini, l’amore sbagliato dei ragazzi
di
FRANCESCO ALBERONI

Si diffonde sempre di più fra i ragazzi e le ragazze dai 12 ai 16 anni l’abitudine di fare sesso, di filmarlo con i cellulari e poi passarselo fra amici o mandarlo in rete. L’iniziativa viene dai maschi più vecchi di qualche anno, che convincono i più piccoli e le ragazzine. Quasi sempre queste in seguito si pentono, restano traumatizzate, intervengono i genitori, ma poi tutto ricomincia come prima. Cosa sta succedendo? Per rispondere dobbiamo partire da un dato biologico. A questa età i giovani maschi hanno due soli impulsi molto sviluppati: l’aggressività e il sesso. E la loro sessualità, a differenza di quella delle femmine, è totalmente separata dagli affetti amorosi. Quando possono fare ciò che gli pare, essi costituiscono delle bande aggressive, violente, con cui dominano gli altri. Alcune ragazze vanno con loro perché innamorate del capo, altre perché pensano che si tratta di un gioco, altre perché terrorizzate. Nella scuola italiana si sono messi in moto gli stessi processi che sono sempre esistiti nei ghetti degradati delle metropoli, nelle favelas, dove comandano bande di giovani violenti e le giovani donne vengono schiavizzate e avviate alla prostituzione. E come mai succede? Perché è scomparso il controllo che, nel passato, veniva esercitato dalle famiglie e dalla comunità. Negli ultimi decenni si è diffuso il convincimento erroneo che il mondo dell’amore, dei sentimenti delicati, delle buone maniere, della lealtà e della legalità sia qualcosa di naturale, di spontaneo. No: è il prodotto di millenni di civilizzazione e si conserva solo grazie alla continua vigilanza della comunità, alla sua costante azione educativa, alla sua continua crescita culturale. Quando questo ordine si rompe, per esempio in una guerra, vediamo esplodere i comportamenti primordiali più brutali: gli uomini torturano, stuprano, uccidono. Basta lasciare giovani maschi e giovani femmine insieme senza leggi, e ben presto si forma un gruppo dominante di maschi violenti ed armati che schiavizza gli altri e monopolizza tutte le femmine. Cosa fanno i signori della guerra in Africa, cosa fanno gli arabi nel Darfur? No, la pura spontaneità non produce vivere civile, ma solo paura, oppressione ed arbitrio. La civiltà è il prodotto dell’educazione degli impulsi attraverso la cultura, la morale, la legge. Soprattutto attraverso l’esempio. E gli esempi che danno questi giovinastri e le povere sciocche che li seguono sono disastrosi.
www.corriere.it/alberoni
16 aprile 2007


Secondo i cristiani, ma non solo, la capacità di compiere il male è insita nella natura dell'uomo. Essa prende il nome di "peccato originale", il male che genera tutti gli altri mali.
Questa definizione era decisamente fastidiosa per chi cercava di scaricare la responsabilità del male sugli altri, quindi Rousseau e gli altri illuministi se ne uscirono con l'Idea:

L'uomo è per natura buono, ed è reso cattivo soltanto dalle istituzioni. (Discorso sull'ineguaglianza, 1754)


che verrà poi ripresa dal marxismo, dove a rendere cattivi gli uomini era la società borghese. La società proletaria non cambiò le cose, non in meglio almeno, ma questa è un'altra storia.
Ma la Realtà è sempre più forte, e i fatti contraddicono sempre le idee costruite a bella posta per reggere i castelli in aria delle ideologie. Basta solo un po' di attenzione e di osservazione. Che viene evitata proprio per non riconoscere che si è detto - e, sulla base di quanto detto, fatto - una montagna di stronzate.

venerdì 6 aprile 2007

Figli del '68

I sessantottini sono stati mediamente dei genitori orrendi. Disastri familiari, un caos affettivo inenarrabile, i bimbi gestiti come pacchi postali, impicci viventi da incastrare nell'agenda giornaliera, e sempre la pretesa che la colpa del disagio dei figli fosse di altri, del coniuge separato, della società ingiusta, mai loro.
Fonte

Era così anche ai loro tempi. Colpa degli altri, colpa del sistema, della società, e allora giù a protestare contro tutto e contro tutti. Mai darsi da fare per cambiare le cose a partire da sè, dal basso, scaricare sempre la responsabilità sugli altri, attendere le soluzioni dall'alto e intanto protestare. Molti lo fanno ancora oggi, ma tra loro il matrimonio non va più di moda, al massimo si fa un Dico. Sixty-eight's way of life.

martedì 20 marzo 2007

Il Bocca della verità

Non nutro una gran stima per Giorgio Bocca, soprattutto dopo il suo recente exploit in cui ha fondamentalmente sputato addosso a Giampaolo Pansa accusandolo di "leso antifascismo" (?) perché quest'ultimo ha osato pubblicare un libro in cui racconta alcuni terribili misfatti commessi dai partigiani durante la Resistenza. Ma nel suo ultimo editoriale per L'espresso mi ha colpito positivamente per le osservazioni che ha fatto, soprattutto per come riassume e conclude:
La verità nuda e cruda è che questo mondo vive un periodo di caos generale, dove le parole, le idee non sono più ancorate alla realtà, alla ragione.
Chissà che non lo accusino di essersi fatto fare il lavaggio del cervello da Ruini o, peggio, da CL.

lunedì 19 marzo 2007

La vita possibile, il niente evitabile

Sull'ultimo numero di Tempi ho trovato due lettere che mi hanno colpito. Le riporto di seguito.

La notizia della giovane coppia di Firenze che aspettava un figlio con sospetta atresia esofagea e che a seguito di questo sospetto ha deciso di abortire ci ha colpiti molto, perché anche noi eravamo una giovane coppia quando, nove anni fa, ci venne diagnosticata la stessa malattia per nostro figlio. Ai genitori che si trovano o si troveranno di fronte al bivio di proseguire o no la gravidanza a seguito di una diagnosi di questo tipo, ci piacerebbe dire: Non abbiate paura! Ma non rimanete soli. Ecco noi siamo qui, noi che siamo stati sostenuti e accompagnati in questa incredibile avventura - tutte le storie di dolore sono incredibili avventure - ora siamo qui ad accompagnare voi per aiutarvi a discernere tra la realtà di un bimbo che c'è e l'illusione di un bimbo che magari verrà domani. Forse potrebbe essere utile raccontare quanto sono stati decisivi i dottori che ci hanno subito indirizzati in uno dei migliori centri per la cura di queste patologie (la chirurgia neonatale dell'ospedale di Bergamo) mettendoci subito in mani sicure. Forse potrebbe essere utile raccontare la grinta e la voglia di vivere che abbiamo sempre visto in nostro figlio, anche nei momenti più dolorosi e drammatici. Tante cose potremmo dire e raccontare per convincere due genitori a non cadere nella trappola dell'angoscia, ma c'è un fatto che più di tutti potrebbe convincerli: lo sguardo, la voce di nostro figlio questa sera, che mezzo assonnato, protestava ancora per non addormentarsi; e l'ultima carezza che ci ha dato dopo averci chiesto di mettere in cartella il disegno che aveva fatto oggi per farlo vede domani alla maestra. Ecco, basterebbe guardarlo per convincersi.
Laura e Mimmo

I fatti recentemente accaduti a due madri a Torino e a Firenze rendono se possibile ancora più evidente l'ipocrisia [e il paradosso - ndAvion] che percorre la legge 194 che per tutelare la maternità finisce per legalizzare in Italia l'aborto. Così a Torino si è consumato l'aborto del diritto e a Firenze quello della scienza medica. Questi fatti ci fanno pensare se nella nostra legge o almeno nella sua applicazione qualcosa non vada per il verso giusto: la realtà nella sua imprevedibilità ci sorprende sempre. Se un dono, quello di un bambino, che tante donne invano desiderano, viene vissuto come una condanna perché può non essere perfetto o arrivare non nel momento giusto; se quello che ti dovrebbe aprire alla vita, invece ti chiude, ti appare ostile, un qualcosa da evitare, c'è un male profondo nel cuore dell'uomo e della donna, c'è qualcosa che mina le basi stesse della società: il nichilismo. Solo luoghi che educhino ad uno sguardo positivo sulla realtà, a farne esperienza, possono vincere questa battaglia estrema della ragione e dell'affezione.
Riccardo e Annarita Cola

Io prendo il numeretto.

In un'intervista, Riccardo Schicchi afferma che "Le mie ragazze sono professioniste, non prostitute".

Uhm.

pro|sti|tu|zió|ne
s.f.
CO
1 attività di chi offre abitualmente prestazioni sessuali a fini di lucro con carattere di abitualità e professionalità: darsi alla p., esercitare la p., p. femminile, maschile, minorile | anche fig.: p. della cultura
2 complesso delle persone che si prostituiscono e conseguente fenomeno sociale: bisogna combattere la p., la piaga della p.

Significa che fanno tutto aggratis o che il Sig. Schicchi non conosce la lingua italiana?
Beh, in effetti credo che conosca molto meglio le lingue dell'est.

sabato 17 marzo 2007

Ci son due coccodrilli...

Quello che potrebbe essere l'atto mediatico finale del dramma di Careggi si consuma sul numero de L'Espresso in edicola da ieri. Una pomposa "intervista esclusiva" alla madre del bambino che lei stessa ha prima rifiutato e voluto abortire, e poi ha pianto. Incapace di riconoscere le proprie responsabilità e il fatto che l'aborto sia dovuto ad una sua libera scelta che avrebbe benissimo potuto non fare, punta il dito accusatore sui medici, su quegli incompetenti che hanno diagnosticato una probabile malformazione, comunque curabile e non inabilitante, e non l'hanno informata adeguatamente, almeno secondo lei - interessante notare che in due o tre punti dell'articolo, l'anonima signora affermi di non ricordare cosa le avessero detto.
Qui ci soffermiamo un momento sul box contenente un intervento di Livia Turco che, in virtù di un paio di affermazioni che vado ad esporre, posso quasi definire "esilarante".
Primo: il ministro della Salute afferma che gli aborti diminuiscono, tra l'altro, per la "non assimilazione dell'aborto a metodo contraccettivo": sarebbe allora da chiedersi il motivo per cui questi aborti vengano praticati. L'articolo 4 della legge 194/78 afferma che l'interruzione volontaria di gravidanza è possibile entro 90 giorni quando la donna "accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito". In pratica è sufficiente che la donna dica "non lo voglio, altrimenti mi deprimerò perché non lo volevo avere" che l'aborto è già giustificato. E questo non è un "contraccettivo tardivo"? L'articolo 5 della legge prevede poi che "il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso [...] di esaminare con la donna e con il padre del concepito [...] le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza". Dall'articolo non emerge che sia stato fatto qualcosa in tal senso: quando la donna ha affermato di voler abortire, la dottoressa si è limitata a spedirla dalla psichiatra. Su questo punto specifico torneremo tra breve, ma mi preme sottolineare come questa mancata applicazione della legge sia un problema diffuso e denunciato più volte, e che, di fronte a chi contesta questo fatto e chiede che nei consultori venga rispettata la legge, inserendo, ove necessario, figure preposte a questo lavoro di ricerca delle "possibili soluzioni dei problemi proposti" che aiuti le donne in tal senso e le faccia desistere dal proposito di abortire, insorgano i "fronti femministi" della sinistra, affermando che questo sarebbe un condizionamento della libertà della donna. A me sembra che il condizionamento e la riduzione della libertà vengano invece dalla forzata mancanza di alternative.
Secondo: Livia Turco afferma anche che "non siamo in alcun caso di fronte a una legge eugenetica". Che anche le malformazioni del feto siano un valido motivo per abortire mi sembra contraddire il ministro, ma forse sono io che sono stupido e non capisco.
Torniamo all'articolo. Ad un certo punto, la mamma mancata (manchevole?) afferma che
"nessuno mi ha mai spiegato che l'interruzione era giustificata dal mio stato psichico. [...] Quando io ho mostrato la mia volontà di abortire, ero convinta che tale interruzione della gravidanza sarebbe stata giustificata dalla malformazione che i dottori avevano prospettato. Solo dopo la visita psichiatrica quando vidi nel certificato che quella gravidanza mi avrebbe potuto esporre a uno squilibrio, allora mi resi conto che l'aborto sarebbe stato giustificato solamente da quello. E' una cosa che mi ha confuso e spiazzato". Alla signora non è balenato in mente che questa mancata informazione da parte della dottoressa sia potuta essere intenzionale, per salvaguardare un minimo la validità della legge 194, per evitare che si preparasse in anticipo il discorso da recitare alla psichiatra per ottenere il proprio bel certificato aggira-paletto anche nel caso che il pericolo di squilibrio psichico non sussistesse affatto. O forse il medico credeva che la signora, appellandosi alla legge sull'aborto, la conoscesse anche - pia illusione.
Ammette poi che le avevano parlato delle possibilità di intervento che avrebbero potuto aiutare il suo bambino a vivere nonostante la malformazione, ma che non ricorda bene. Non ascoltava più, la decisione era già presa: questo bambino non s'ha da fare. Ha continuato imperterrita nel suo proposito, non voleva un bambino senza il bollino di qualità "100% abile". Il resto è storia, e ne ho già parlato ampiamente in precedenza.

Ora questa donna è distrutta dal dolore per la perdita di un bambino che non voleva - un po' paradossale, no? Se la prende con gli errori dei medici per non ammettere che la decisione di
ucciderlo è stata solo sua, e la morte del piccolo una conseguenza di questa sua libera decisione.
Io capisco il dolore di questa madre che ha visto morire il proprio piccolo, e tocca anche me. E se la incontrassi, la abbraccerei e la consolerei come farei con qualunque madre che ha perso il figlio.

Ma prima di farlo le sputerei in faccia.

martedì 13 marzo 2007

A Trace of Blood

Quel bimbo che lotta per la nostra imperfezione
di DREYFUS


Un bambino di cui non conosciamo il nome sta lottando per non morire. È in terapia intensiva all'ospedale di Careggi, vicino a Firenze. Pesa 500 grammi. Ha un'emorragia cerebrale. In realtà hanno cercato di ucciderlo. Se sopravvivrà i genitori gli diranno il perché di quella cicatrice alla testa? Il caso è questo. Come ormai si usa, le madri in attesa si sottopongono agli esami per vedere se il bimbo nascerà sano. C'erano esiti contraddittori tra un'ecografia e l'altra, tra la villocentesi e qualche altra analisi genetica. Probabilmente c'era un problema allo stomaco. Forse il piccino era ammalato di atresia dell'esofago. È quando l'esofago non arriva dove dovrebbe arrivare. La mamma informata decide: «Non lo voglio. Si può fare?». Rispondono: «Si può. È un suo diritto. Si applichi la legge». In realtà la legge non lo consentirebbe. Ella è al quinto mese di gravidanza. Se si apre la pancia, quella creatura campa. Cosa succede: le aprono la pancia, estraggono quel "coso". Lo strappano via senza riguardi: tanto dev'essere ammazzato come un agnellino, sacrificato all'idea di un mondo dove bisogna essere sani per puntare alla felicità. Non c'è problema di delicatezza. Afferrano la testa, e lo cavano fuori. Che cosa scoprono i medici: accidenti: lo stomaco è a posto, non è malformato. Bisogna salvarlo. A questo punto nasce lo scandalo. L'Ansa qualifica l'episodio come "malasanità". Per me è criminalità punto e basta. Non è questione di aver sbagliato una diagnosi, la questione è che si usa la medicina per scegliere chi va selezionato per la fossa comune e chi può campare. Se fosse stato con l'esofago fuori posto, non ci sarebbe stato nulla da ridire, nessuna notizia in cronaca. E questo è pure peggio. Mezzo chilo di roba da gettare nel cestino, e se qualcuno lo vuole seppellire, come hanno proposto in Lombardia, si grida all'orrore e alla strumentalizzazione politica. Ora la madre e il padre di Firenze vengono circondati da una barriera di riservatezza. La mamma se lo cullerà? Probabilmente chiede- rà danni miliardari. In fondo, si dice, agiva secondo la legge. La legge in Italia consente l'aborto, si chiama 194. Vero? Tutti lo pensano. In realtà è una gigantesca bugia. La 194 non prevede affatto l'aborto dei feti malformati. L'aborto terapeutico, com'è stata chiamata questa pratica, non c'entra niente. Esso è consentito quando c'è da salvare la vita della madre o da impedire un danno irreversibile alla sua salute. Insomma, l'aborto facile è previsto "solo" fino al terzo mese. Dopo questa data, per interrompere la gravidanza il medico deve certificare che la mamma ne morrebbe. Invece la legge è aggirata. Come si fa? Basta che la mamma, informata della possibilità di un difetto anche lieve del piccino, sostenga che non regge psicologicamente, che se gli nasce un "mostro" avrebbe la salute mentale compromessa. E si fa. Si uccide il bambino. Aggiungere malato è razzismo, perché vuol dire giustificarne la soppressione. La logica e la scienza medica vorrebbero che gli esami fossero condotti per poter curare il pupo al momento della nascita. Invece sono diventati uno scivolo verso la rupe Tarpea. Non so se lo insegnano ancora alle elementari: a Sparta vi lanciavano gli handicappati. Il piccolo era sospettato di atresia esofagea. Ho controllato su un manuale del Bambin Gesù di Roma. Trascrivo: «L'esofago è il primo tratto del tubo digerente che permette il passaggio del cibo dalla bocca allo stomaco. Nell'atresia esofagea vi è una interruzione dell'esofago spesso associata alla presenza di una comunicazione con la trachea, la quale ha il compito di permettere il passaggio dell'aria nei polmoni. In circa la metà dei casi (47% nella nostra esperienza) possono associarsi anomalie di altri organi o apparati, non necessariamente gravi. Queste riguardano in particolare l'apparato cardiovascolare, digerente, scheletrico e urogenitale». Segue una domanda: «È un problema risolvibile?». Risposta: «Sì, in oltre il 90% dei casi grazie all'intervento chirurgico». Ciascuno di noi è imperfetto. Se si potessero leggere le imperfezioni della morale, che sono più gravi di quelle fisiche, non sopravvivrebbe nessuno. Specie chi ha deciso ed eseguito quella sentenza di morte malriuscita. Mi domando: se avessero appurato che quel piccino aveva sul serio l'atresia dell'esofago, che gli facevano? Usavano un ferro da stiro per schiantarlo? O lo lasciavano pigolare un minuto in attesa che crepasse come un animaletto nel deserto? Ah no, magari si faceva in tempo a prelevare qualche cellula buona per la ricerca scientifica. Contento, bambinetto, di essere utile?


Morto il piccolo abortito sano
Ma per il comitato va bene così

di DREYFUS

Non ha resistito. Stava nella macchinetta della rianimazione. Non lo volevano i suoi genitori, ma lui probabilmente li voleva. Desiderava stare al mondo perché questa è la natura delle creature, non sapeva ancora se ferito o intero, ma ci contava. Uno che gli volesse bene ci sarebbe stato, una donna da cui poppare l'avrebbe trovata, e poi gli avrebbe messo i calzini. Invece è morto. Parliamo di lui, il cui nome non c'è. Dopo essere contemporaneamente nato e ucciso all'ospedale Careggi, era stato trasferito all'istituto pediatrico Meyer, sempre sotto la giurisdizione delle Asl di Firenze. Abbiamo ascoltato la telecronista di Sky spiegare che «la commissione interaziendale» ha decretato che tutte le «procedure sono state regolari». Il commento è stato: «Importante ora è non criminalizzare». Non si può neanche morire o essere uccisi come Dio comanda, occorre il timbro della burocrazia che spiega: operazione perfetta. Guai criminalizzare. Senz'altro. Ma forse più che condannare l'eventuale criminalizzazione occorrerebbe chiamare crimine quanto è accaduto con il timbro della legge e si facesse per il futuro in modo che sia impossibile. Impossibile almeno con la benedizione del codice e della cultura dei professori i quali non hanno dubbi: «La legge è così, i medici hanno fatto il loro dovere», ha spiegato alla Stampa il luminare Carlo Flamigni. La logica da obitorio

Vorremmo capire questo: dovrebbe bastarci il fatto che il bambino è stato ucciso secondo i regolamenti, che ciascuno ha fatto il proprio dovere? Il più bravo a eseguire il compito è stato il bambino: obbedientissimo. Infatti è morto. Non stiamo facendo gli spiritosi, è che non ne possiamo più di questo umanitarismo da becchini, ci è insopportabile questa logica da obitorio che ritiene l'aborto un diritto civile. E permette di fare un titolo così: «Sanità nella bufera per un aborto sbagliato».Perché l'aborto è sbagliato? Perché non è morto subito? Se aveva l'esofago leggermente difettato, allora non era sbagliato, nessuna bufera e almeno a Firenze non ci sarebbe neanche il problema di seppellirlo. È a Milano che la Regione Lombardia ha previsto per legge l'inumazione. Che orrore. Infatti si spazientisce «il primario della Mangiagalli: frigoriferi pieni» (Repubblica). Per intendersi: pieni di bambini fatti fuori come quello di Firenze. Come scrisse Martin Amis sull'Urss di Lenin e Stalin, il problema ad un certo punto non era se uccidere o no: ammazzare non dà problemi, ma poi dove mettere i morti? Non abbiamo l'ossessione dell'aborto. Neanche quella della "sacralità della vita". Ci importa questa vita precisa, che era stata destinata non solo alla soppressione ma all'oblio. Ora ci fanno sapere che il pupino ha un nome, ma è segreto. Sarebbe interessante saperlo per ricordarlo. Finché una creatura non ha nome è inesistente. Merita un ricordo. Qualche matto potrebbe persino pregarlo. Di certo è un martire, che in greco vuol dire testimone, e - secondo il cristianesimo - è «colui che versa la sua vita». Nessuno più di lui. Nessuno più di lui, ma lui come altri duecentomila che - maledizione - rischiano di riempirci i frigoriferi, e magari non è nemmeno possibile far sì che siano utili per la ricerca scientifica. Poveri bambinetti o feti o zigoti, come li chiama Pannella, non sono nessuno, «sono meno di un foruncolo», ma allora perché questi maledetti piangono, e si rigirano persino nelle acque materne quando la pinza li cerca? Siamo tutti soli

Ci piacerebbe sapere il nome. Non ci interessa il cognome. Nessuno vuole rincorrere quella madre infelice. Sappiamo bene che la sua situazione era difficile. In teoria siamo tutti fratelli, solidali, in marcia per la pace o contro le tasse, ma poi ciascuno è costretto a rincorrere i suoi guai in ascensione solitaria che poi diventa caduta libera. E quella donna lasciata sola, in compagnia di «procedure regolari» e «commissioni interaziendali» che fanno il loro dovere, ha schiacciato il bottone: non voglio vederlo, né saper nulla. Ma bisogna saperle le cose. Se fosse nato lei farebbe fatica, perché tirar grandi i bambini è dura, ma sarebbe meno sola, lui le cercherebbe il seno anche di notte. E spero che oggi sia il suo angioletto, sono ingenuo, candido e magari un po' folle, ma lo penso. Di certo però bisogna criminalizzare sì queste pratiche perfette a cui riesce solo di far fuori la speranza con la scusa dell'umanitarismo e della compassione per la donna. E smettiamola di restare in balia di quest'idea bestiale per cui un atto di violenza, com'è sempre l'aborto, possa essere un male minore. Tutto quanto è basato sulla violenza è assurdo e inutile, non ha futuro.


I never saw your face and now you're gone without a trace
Except the trace of blood that's deeply scarred into my eyes To fill your place

domenica 11 marzo 2007

L'imene femminile: la fonte del Diritto.

A Firenze una donna incinta viene a sapere di una malformazione del bambino che sta aspettando e, nonostante sia avvisata dai medici che la diagnosi è non è sicura, decide di abortire nonostante sia già alla 22esima settimana. "Povero piccolo, non voglio che abbia una vita di sofferenza!" avrà detto. "Non potrà essere felice, soffrirà solamente!" Con quale scienza possa decidere a priori che quel bambino NON potrà essere felice, come faccia a conoscere già da prima tutta la storia della sua vita futura, è un mistero insondabile. Magari ha parlato con le entità attraverso la medium Lorem...
Qualcuno si ricorda di quel dizionario che traduce le parole dette dalle donne in ciò che pensano davvero? Potremmo aggiungere in fondo la frase di cui sopra, traducendola in "Voglio una vita tranquilla e perfetta, non con un bambino handicappato in mezzo alle palle!"
Però Lorem non ha previsto che il bambino sarebbe uscito fuori ancora vivo. Vabbè, doveva abortire, una mazzata in testa e il problema è risolto, no? No: dato che adesso è "nato", e il medico pensa che potrebbe sopravvivere, bisogna fare di tutto per salvarlo; per inciso non ha affatto quella malformazione per cui doveva essere abortito.
Poco prima era un peso di cui sbarazzarsi, in pochi istanti diventa una persona da salvare. Il Diritto alla vita, su cui si fonda qualunque altro diritto umano, poco prima non esiste, poco dopo è da difendere ad ogni costo. Cosa è cambiato in quel bambino? Quale incredibile cambiamento è avvenuto perché si cambiasse atteggiamento in maniera tanto radicale? Semplice: è uscito dall'utero. Uguale a prima, identico in ogni dettaglio, se non che un attimo prima era un feto, una cosa senza alcun diritto, dopo aver oltrepassato l'imene di sua madre si è trasformato in un neonato, è diventato una persona e va salvato. La magica porta dell'imene, probabilmente attraversata da un campo di energia, gli ha conferito il superpotere conosciuto come Diritto alla vita. Strabiliante.
Strabiliante come, in nome di una distorta libertà di decisione della donna, si possa negare con tanta leggerezza il diritto alla vita del bambino, che fin dal concepimento è già altro dalla madre, pur essendovi necessariamente legato per poter iniziare il proprio sviluppo. Una donna ha pienamente diritto di assassinare il proprio figlio, preferibilmente quando non sembra ancora un bambino così da pensare che sta solo uccidendo un insieme di cellule, un po' come un fastidioso tumore benigno, o anche più avanti se questo ha il rischio di avere malformazioni che "di sicuro non gli permetterebbero di essere felice" (e mi romperei il cazzo di accudirlo) nascondendosi dietro l'altisonante (e ipocrita) definizione di aborto terapeutico (che cura unicamente l'egoistica comodità della donna che lo richiede).
Ma poi, davanti all'evidenza oggettiva di trovarsi davanti a un bambino, una persona, anche le più impenetrabili corazze costruite di "professionalità", e rinforzate da una buona dose di cinismo e di ideologica difesa dei diritti delle donne, iniziano a creparsi e a lasciare scoperta l'umanità che si è cercata di nascondere. Per cercare di evitarlo, si pensa a un "consenso informato" da far firmare ai genitori (ma genitori di che, se stanno abortendo?) che chiede se, nel malauguratissimo caso in cui il feto sopravvivesse all'aborto trasformandosi in uno scomodo bambino, si vogliano somministrare tutte le cure possibili perché sopravviva o solo il minimo necessario per farlo schiattare poco dolorosamente. Noi ce ne siamo lavati le mani, la sofferenza del feto, nel caso diventi un bambino, è decisa da voi, è solo vostra responsabilità. Lasciateci la nostra corazza di professionalità e cinismo, per favore.
Ma il diritto della donna a "decidere del suo corpo" è talmente forte, inoppugnabile, inalienabile, che deve essere applicato anche a chi non lo desidera! A Torino una ragazzina di tredici anni rimane incinta, e vuole che quel bambino... pardon, feto, nasca. Ma i suoi genitori e il tribunale decidono che no, non può tenerlo, deve abortire perché non va bene avere un figlio così presto. L'aborto viene compiuto, la ragazzina cade in fortissima depressione per quel figlio che le hanno ucciso e vuole suicidarsi. Dopo un po', la madre della ragazzina ammette che "forse avremmo dovuto tenere conto della sua opinione". Ma no, signora! Avete solo difeso il suo diritto, la sua libertà. Non si preoccupi signora, di sicuro sua figlia non si porterà dietro il trauma psicologico per il resto della vita, come accade invece a tante donne che decidono di abortire, ma nessuno parla di questo perché si potrebbe credere che l'aborto non è una cosa buona che salva la libertà. No, signora, lei ha fatto la cosa giusta, e poi non si può certo diventare nonne alla sua età, signora!

Alla fine di tutto questo, due domande mi sorgono:
1. Non sarebbe il caso di essere un po' più laici nel vero senso della parola, come suggerisce Pierluigi Battista, invece di tapparsi le orecchie gridando "LALALA DIRITTO LALALA LIBERTA' LALALA 194"?
2. Non è che l'imene funziona anche al contrario, cioè toglie il diritto alla vita a ciò che ci entra? Che gli uomini stiano attenti quando hanno un rapporto sessuale, potrebbero mozzare loro il membro temporaneamente privato del diritto di esistere ed avere anche ragione in virtù di questo.

giovedì 8 marzo 2007

La ragione della Ragione

ra|gió|ne
s.f.
1a FO facoltà propria dell’uomo di stabilire connessioni logiche tra idee, che costituisce la base della conoscenza e del discernimento: agire secondo r., non avere l’uso della r., la vittoria della r. sull’istinto, lasciarsi guidare dalla r., ascoltare la voce della r.
1b TS filos., in san Tommaso, l’attività discorsiva e argomentativa dell’uomo contrapposta e subordinata al carattere intuitivo dell’intelletto | nell’illuminismo, strumento di conoscenza che è guida di ogni processo umano e sociale | in Leibniz, fonte della conoscenza della realtà nella sua essenza | in Kant, in campo teoretico, organo della legge morale che prescinde assolutamente dalla sensibilità | in Hegel, artefice del sapere assoluto, che, superate le astrazioni dell’intelletto, attinge all’universale assoluto

L'idea per il titolo di questo blog mi è venuta ripensando al comunicato finale del Meeting di Rimini 2006.
La Ragione è il formidabile strumento conoscitivo dato all'uomo (e, fino a prova contraria, solo all'uomo). La Ragione è il modo in cui l'uomo entra in rapporto con la realtà che lo circonda, la osserva, analizza ciò che ha osservato, coglie i segni che gli permettono di capirla. La Ragione dovrebbe essere un'apertura, per sua natura dovrebbe considerare sia l'evidenza che la possibilità. Ma da troppo tempo, ormai, la Ragione è ridotta, ingabbiata, piegata; la categoria della possibilità è rimossa, l'evidenza è ignorata in favore della propria idea preconcetta, che si cerca di giustificare considerando solo certi aspetti della realtà che fanno comodo, anziché considerarla nella sua interezza. Questo stato di cose sta portando a un sempre più veloce declino della nostra civiltà, che, piano piano, crollerà inesorabilmente sotto la spinta della chiusura mentale, del relativismo che distrugge l'identità di uomo e di popolo, del nichilismo che abbatte la statura dell'uomo e ne cancella l'umanità.

Questo però non sarà esclusivamente un blog dedicato a queste tematiche. Capiterà anche che scriva tante palettate di cavoli miei...