martedì 19 giugno 2007

Il momento di sfiducia

Ci sono momenti in cui guardo il mondo e penso che ormai sia già tutto perduto, che a lungo andare la dittatura del desiderio vincerà nonostante la strenua resistenza di chi ancora si affida alla Ragione, quella vera, quella che si apre alla totalità dei fattori, per dare un giudizio sulla realtà, invece di considerarla come un alibi per estraniarsene a colpi di seghe mentali che cercano di dare una giustificazione "razionale" e "scientifica" ai propri istinti, nobilitandoli.
E allora fate i DiCo, usate gli embrioni come cose (anche la persona, checché se ne dica, è considerata tale, ormai), eutanasatevi, lasciate che la nostra cultura e tradizione vadano in pezzi e siano sputacchiate e calpestate, lasciatevi guidare da tutte le vostre pulsioni senza porvi alcun freno. Fate tutto quel che volete, prendete, usate, abusate, consumate e buttate via tutto, voi stessi in primis, e godete pure nel farlo, per quanto ci si riesca. Irridete pure chi vi sventola davanti il fantasma della distruzione della società, e provate a farlo ancora quando inevitabilmente accadrà, quando altre culture dalla più forte identità e caratura ci marceranno sopra, come già accaduto tante volte nella storia dell'uomo.
Alla fine di noi non resterà più nulla, e forse ci sarà un nuovo inizio, forse si capiranno gli errori e vi si porrà rimedio. O forse ricadremo semplicemente nella barbarie completa, come già sta avvenendo ora occultandolo sotto una patina di "civiltà" e esaltandolo al grido di "libertà" (libertà da cosa? Dal buon senso?).

Poi ci ripenso e capisco che gettando così la spugna faccio torto proprio alla Ragione che vorrei difendere. Finché ci sarà qualcuno che combatte contro la deriva della società occidentale, significa che ci sarà ancora qualcosa da salvare. Se non altro, noi stessi e il nostro futuro.
E si fottano quelli che vogliono autodistruggersi e trascinarci con loro.