martedì 20 marzo 2007

Il Bocca della verità

Non nutro una gran stima per Giorgio Bocca, soprattutto dopo il suo recente exploit in cui ha fondamentalmente sputato addosso a Giampaolo Pansa accusandolo di "leso antifascismo" (?) perché quest'ultimo ha osato pubblicare un libro in cui racconta alcuni terribili misfatti commessi dai partigiani durante la Resistenza. Ma nel suo ultimo editoriale per L'espresso mi ha colpito positivamente per le osservazioni che ha fatto, soprattutto per come riassume e conclude:
La verità nuda e cruda è che questo mondo vive un periodo di caos generale, dove le parole, le idee non sono più ancorate alla realtà, alla ragione.
Chissà che non lo accusino di essersi fatto fare il lavaggio del cervello da Ruini o, peggio, da CL.

lunedì 19 marzo 2007

La vita possibile, il niente evitabile

Sull'ultimo numero di Tempi ho trovato due lettere che mi hanno colpito. Le riporto di seguito.

La notizia della giovane coppia di Firenze che aspettava un figlio con sospetta atresia esofagea e che a seguito di questo sospetto ha deciso di abortire ci ha colpiti molto, perché anche noi eravamo una giovane coppia quando, nove anni fa, ci venne diagnosticata la stessa malattia per nostro figlio. Ai genitori che si trovano o si troveranno di fronte al bivio di proseguire o no la gravidanza a seguito di una diagnosi di questo tipo, ci piacerebbe dire: Non abbiate paura! Ma non rimanete soli. Ecco noi siamo qui, noi che siamo stati sostenuti e accompagnati in questa incredibile avventura - tutte le storie di dolore sono incredibili avventure - ora siamo qui ad accompagnare voi per aiutarvi a discernere tra la realtà di un bimbo che c'è e l'illusione di un bimbo che magari verrà domani. Forse potrebbe essere utile raccontare quanto sono stati decisivi i dottori che ci hanno subito indirizzati in uno dei migliori centri per la cura di queste patologie (la chirurgia neonatale dell'ospedale di Bergamo) mettendoci subito in mani sicure. Forse potrebbe essere utile raccontare la grinta e la voglia di vivere che abbiamo sempre visto in nostro figlio, anche nei momenti più dolorosi e drammatici. Tante cose potremmo dire e raccontare per convincere due genitori a non cadere nella trappola dell'angoscia, ma c'è un fatto che più di tutti potrebbe convincerli: lo sguardo, la voce di nostro figlio questa sera, che mezzo assonnato, protestava ancora per non addormentarsi; e l'ultima carezza che ci ha dato dopo averci chiesto di mettere in cartella il disegno che aveva fatto oggi per farlo vede domani alla maestra. Ecco, basterebbe guardarlo per convincersi.
Laura e Mimmo

I fatti recentemente accaduti a due madri a Torino e a Firenze rendono se possibile ancora più evidente l'ipocrisia [e il paradosso - ndAvion] che percorre la legge 194 che per tutelare la maternità finisce per legalizzare in Italia l'aborto. Così a Torino si è consumato l'aborto del diritto e a Firenze quello della scienza medica. Questi fatti ci fanno pensare se nella nostra legge o almeno nella sua applicazione qualcosa non vada per il verso giusto: la realtà nella sua imprevedibilità ci sorprende sempre. Se un dono, quello di un bambino, che tante donne invano desiderano, viene vissuto come una condanna perché può non essere perfetto o arrivare non nel momento giusto; se quello che ti dovrebbe aprire alla vita, invece ti chiude, ti appare ostile, un qualcosa da evitare, c'è un male profondo nel cuore dell'uomo e della donna, c'è qualcosa che mina le basi stesse della società: il nichilismo. Solo luoghi che educhino ad uno sguardo positivo sulla realtà, a farne esperienza, possono vincere questa battaglia estrema della ragione e dell'affezione.
Riccardo e Annarita Cola

Io prendo il numeretto.

In un'intervista, Riccardo Schicchi afferma che "Le mie ragazze sono professioniste, non prostitute".

Uhm.

pro|sti|tu|zió|ne
s.f.
CO
1 attività di chi offre abitualmente prestazioni sessuali a fini di lucro con carattere di abitualità e professionalità: darsi alla p., esercitare la p., p. femminile, maschile, minorile | anche fig.: p. della cultura
2 complesso delle persone che si prostituiscono e conseguente fenomeno sociale: bisogna combattere la p., la piaga della p.

Significa che fanno tutto aggratis o che il Sig. Schicchi non conosce la lingua italiana?
Beh, in effetti credo che conosca molto meglio le lingue dell'est.

sabato 17 marzo 2007

Ci son due coccodrilli...

Quello che potrebbe essere l'atto mediatico finale del dramma di Careggi si consuma sul numero de L'Espresso in edicola da ieri. Una pomposa "intervista esclusiva" alla madre del bambino che lei stessa ha prima rifiutato e voluto abortire, e poi ha pianto. Incapace di riconoscere le proprie responsabilità e il fatto che l'aborto sia dovuto ad una sua libera scelta che avrebbe benissimo potuto non fare, punta il dito accusatore sui medici, su quegli incompetenti che hanno diagnosticato una probabile malformazione, comunque curabile e non inabilitante, e non l'hanno informata adeguatamente, almeno secondo lei - interessante notare che in due o tre punti dell'articolo, l'anonima signora affermi di non ricordare cosa le avessero detto.
Qui ci soffermiamo un momento sul box contenente un intervento di Livia Turco che, in virtù di un paio di affermazioni che vado ad esporre, posso quasi definire "esilarante".
Primo: il ministro della Salute afferma che gli aborti diminuiscono, tra l'altro, per la "non assimilazione dell'aborto a metodo contraccettivo": sarebbe allora da chiedersi il motivo per cui questi aborti vengano praticati. L'articolo 4 della legge 194/78 afferma che l'interruzione volontaria di gravidanza è possibile entro 90 giorni quando la donna "accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito". In pratica è sufficiente che la donna dica "non lo voglio, altrimenti mi deprimerò perché non lo volevo avere" che l'aborto è già giustificato. E questo non è un "contraccettivo tardivo"? L'articolo 5 della legge prevede poi che "il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso [...] di esaminare con la donna e con il padre del concepito [...] le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza". Dall'articolo non emerge che sia stato fatto qualcosa in tal senso: quando la donna ha affermato di voler abortire, la dottoressa si è limitata a spedirla dalla psichiatra. Su questo punto specifico torneremo tra breve, ma mi preme sottolineare come questa mancata applicazione della legge sia un problema diffuso e denunciato più volte, e che, di fronte a chi contesta questo fatto e chiede che nei consultori venga rispettata la legge, inserendo, ove necessario, figure preposte a questo lavoro di ricerca delle "possibili soluzioni dei problemi proposti" che aiuti le donne in tal senso e le faccia desistere dal proposito di abortire, insorgano i "fronti femministi" della sinistra, affermando che questo sarebbe un condizionamento della libertà della donna. A me sembra che il condizionamento e la riduzione della libertà vengano invece dalla forzata mancanza di alternative.
Secondo: Livia Turco afferma anche che "non siamo in alcun caso di fronte a una legge eugenetica". Che anche le malformazioni del feto siano un valido motivo per abortire mi sembra contraddire il ministro, ma forse sono io che sono stupido e non capisco.
Torniamo all'articolo. Ad un certo punto, la mamma mancata (manchevole?) afferma che
"nessuno mi ha mai spiegato che l'interruzione era giustificata dal mio stato psichico. [...] Quando io ho mostrato la mia volontà di abortire, ero convinta che tale interruzione della gravidanza sarebbe stata giustificata dalla malformazione che i dottori avevano prospettato. Solo dopo la visita psichiatrica quando vidi nel certificato che quella gravidanza mi avrebbe potuto esporre a uno squilibrio, allora mi resi conto che l'aborto sarebbe stato giustificato solamente da quello. E' una cosa che mi ha confuso e spiazzato". Alla signora non è balenato in mente che questa mancata informazione da parte della dottoressa sia potuta essere intenzionale, per salvaguardare un minimo la validità della legge 194, per evitare che si preparasse in anticipo il discorso da recitare alla psichiatra per ottenere il proprio bel certificato aggira-paletto anche nel caso che il pericolo di squilibrio psichico non sussistesse affatto. O forse il medico credeva che la signora, appellandosi alla legge sull'aborto, la conoscesse anche - pia illusione.
Ammette poi che le avevano parlato delle possibilità di intervento che avrebbero potuto aiutare il suo bambino a vivere nonostante la malformazione, ma che non ricorda bene. Non ascoltava più, la decisione era già presa: questo bambino non s'ha da fare. Ha continuato imperterrita nel suo proposito, non voleva un bambino senza il bollino di qualità "100% abile". Il resto è storia, e ne ho già parlato ampiamente in precedenza.

Ora questa donna è distrutta dal dolore per la perdita di un bambino che non voleva - un po' paradossale, no? Se la prende con gli errori dei medici per non ammettere che la decisione di
ucciderlo è stata solo sua, e la morte del piccolo una conseguenza di questa sua libera decisione.
Io capisco il dolore di questa madre che ha visto morire il proprio piccolo, e tocca anche me. E se la incontrassi, la abbraccerei e la consolerei come farei con qualunque madre che ha perso il figlio.

Ma prima di farlo le sputerei in faccia.

martedì 13 marzo 2007

A Trace of Blood

Quel bimbo che lotta per la nostra imperfezione
di DREYFUS


Un bambino di cui non conosciamo il nome sta lottando per non morire. È in terapia intensiva all'ospedale di Careggi, vicino a Firenze. Pesa 500 grammi. Ha un'emorragia cerebrale. In realtà hanno cercato di ucciderlo. Se sopravvivrà i genitori gli diranno il perché di quella cicatrice alla testa? Il caso è questo. Come ormai si usa, le madri in attesa si sottopongono agli esami per vedere se il bimbo nascerà sano. C'erano esiti contraddittori tra un'ecografia e l'altra, tra la villocentesi e qualche altra analisi genetica. Probabilmente c'era un problema allo stomaco. Forse il piccino era ammalato di atresia dell'esofago. È quando l'esofago non arriva dove dovrebbe arrivare. La mamma informata decide: «Non lo voglio. Si può fare?». Rispondono: «Si può. È un suo diritto. Si applichi la legge». In realtà la legge non lo consentirebbe. Ella è al quinto mese di gravidanza. Se si apre la pancia, quella creatura campa. Cosa succede: le aprono la pancia, estraggono quel "coso". Lo strappano via senza riguardi: tanto dev'essere ammazzato come un agnellino, sacrificato all'idea di un mondo dove bisogna essere sani per puntare alla felicità. Non c'è problema di delicatezza. Afferrano la testa, e lo cavano fuori. Che cosa scoprono i medici: accidenti: lo stomaco è a posto, non è malformato. Bisogna salvarlo. A questo punto nasce lo scandalo. L'Ansa qualifica l'episodio come "malasanità". Per me è criminalità punto e basta. Non è questione di aver sbagliato una diagnosi, la questione è che si usa la medicina per scegliere chi va selezionato per la fossa comune e chi può campare. Se fosse stato con l'esofago fuori posto, non ci sarebbe stato nulla da ridire, nessuna notizia in cronaca. E questo è pure peggio. Mezzo chilo di roba da gettare nel cestino, e se qualcuno lo vuole seppellire, come hanno proposto in Lombardia, si grida all'orrore e alla strumentalizzazione politica. Ora la madre e il padre di Firenze vengono circondati da una barriera di riservatezza. La mamma se lo cullerà? Probabilmente chiede- rà danni miliardari. In fondo, si dice, agiva secondo la legge. La legge in Italia consente l'aborto, si chiama 194. Vero? Tutti lo pensano. In realtà è una gigantesca bugia. La 194 non prevede affatto l'aborto dei feti malformati. L'aborto terapeutico, com'è stata chiamata questa pratica, non c'entra niente. Esso è consentito quando c'è da salvare la vita della madre o da impedire un danno irreversibile alla sua salute. Insomma, l'aborto facile è previsto "solo" fino al terzo mese. Dopo questa data, per interrompere la gravidanza il medico deve certificare che la mamma ne morrebbe. Invece la legge è aggirata. Come si fa? Basta che la mamma, informata della possibilità di un difetto anche lieve del piccino, sostenga che non regge psicologicamente, che se gli nasce un "mostro" avrebbe la salute mentale compromessa. E si fa. Si uccide il bambino. Aggiungere malato è razzismo, perché vuol dire giustificarne la soppressione. La logica e la scienza medica vorrebbero che gli esami fossero condotti per poter curare il pupo al momento della nascita. Invece sono diventati uno scivolo verso la rupe Tarpea. Non so se lo insegnano ancora alle elementari: a Sparta vi lanciavano gli handicappati. Il piccolo era sospettato di atresia esofagea. Ho controllato su un manuale del Bambin Gesù di Roma. Trascrivo: «L'esofago è il primo tratto del tubo digerente che permette il passaggio del cibo dalla bocca allo stomaco. Nell'atresia esofagea vi è una interruzione dell'esofago spesso associata alla presenza di una comunicazione con la trachea, la quale ha il compito di permettere il passaggio dell'aria nei polmoni. In circa la metà dei casi (47% nella nostra esperienza) possono associarsi anomalie di altri organi o apparati, non necessariamente gravi. Queste riguardano in particolare l'apparato cardiovascolare, digerente, scheletrico e urogenitale». Segue una domanda: «È un problema risolvibile?». Risposta: «Sì, in oltre il 90% dei casi grazie all'intervento chirurgico». Ciascuno di noi è imperfetto. Se si potessero leggere le imperfezioni della morale, che sono più gravi di quelle fisiche, non sopravvivrebbe nessuno. Specie chi ha deciso ed eseguito quella sentenza di morte malriuscita. Mi domando: se avessero appurato che quel piccino aveva sul serio l'atresia dell'esofago, che gli facevano? Usavano un ferro da stiro per schiantarlo? O lo lasciavano pigolare un minuto in attesa che crepasse come un animaletto nel deserto? Ah no, magari si faceva in tempo a prelevare qualche cellula buona per la ricerca scientifica. Contento, bambinetto, di essere utile?


Morto il piccolo abortito sano
Ma per il comitato va bene così

di DREYFUS

Non ha resistito. Stava nella macchinetta della rianimazione. Non lo volevano i suoi genitori, ma lui probabilmente li voleva. Desiderava stare al mondo perché questa è la natura delle creature, non sapeva ancora se ferito o intero, ma ci contava. Uno che gli volesse bene ci sarebbe stato, una donna da cui poppare l'avrebbe trovata, e poi gli avrebbe messo i calzini. Invece è morto. Parliamo di lui, il cui nome non c'è. Dopo essere contemporaneamente nato e ucciso all'ospedale Careggi, era stato trasferito all'istituto pediatrico Meyer, sempre sotto la giurisdizione delle Asl di Firenze. Abbiamo ascoltato la telecronista di Sky spiegare che «la commissione interaziendale» ha decretato che tutte le «procedure sono state regolari». Il commento è stato: «Importante ora è non criminalizzare». Non si può neanche morire o essere uccisi come Dio comanda, occorre il timbro della burocrazia che spiega: operazione perfetta. Guai criminalizzare. Senz'altro. Ma forse più che condannare l'eventuale criminalizzazione occorrerebbe chiamare crimine quanto è accaduto con il timbro della legge e si facesse per il futuro in modo che sia impossibile. Impossibile almeno con la benedizione del codice e della cultura dei professori i quali non hanno dubbi: «La legge è così, i medici hanno fatto il loro dovere», ha spiegato alla Stampa il luminare Carlo Flamigni. La logica da obitorio

Vorremmo capire questo: dovrebbe bastarci il fatto che il bambino è stato ucciso secondo i regolamenti, che ciascuno ha fatto il proprio dovere? Il più bravo a eseguire il compito è stato il bambino: obbedientissimo. Infatti è morto. Non stiamo facendo gli spiritosi, è che non ne possiamo più di questo umanitarismo da becchini, ci è insopportabile questa logica da obitorio che ritiene l'aborto un diritto civile. E permette di fare un titolo così: «Sanità nella bufera per un aborto sbagliato».Perché l'aborto è sbagliato? Perché non è morto subito? Se aveva l'esofago leggermente difettato, allora non era sbagliato, nessuna bufera e almeno a Firenze non ci sarebbe neanche il problema di seppellirlo. È a Milano che la Regione Lombardia ha previsto per legge l'inumazione. Che orrore. Infatti si spazientisce «il primario della Mangiagalli: frigoriferi pieni» (Repubblica). Per intendersi: pieni di bambini fatti fuori come quello di Firenze. Come scrisse Martin Amis sull'Urss di Lenin e Stalin, il problema ad un certo punto non era se uccidere o no: ammazzare non dà problemi, ma poi dove mettere i morti? Non abbiamo l'ossessione dell'aborto. Neanche quella della "sacralità della vita". Ci importa questa vita precisa, che era stata destinata non solo alla soppressione ma all'oblio. Ora ci fanno sapere che il pupino ha un nome, ma è segreto. Sarebbe interessante saperlo per ricordarlo. Finché una creatura non ha nome è inesistente. Merita un ricordo. Qualche matto potrebbe persino pregarlo. Di certo è un martire, che in greco vuol dire testimone, e - secondo il cristianesimo - è «colui che versa la sua vita». Nessuno più di lui. Nessuno più di lui, ma lui come altri duecentomila che - maledizione - rischiano di riempirci i frigoriferi, e magari non è nemmeno possibile far sì che siano utili per la ricerca scientifica. Poveri bambinetti o feti o zigoti, come li chiama Pannella, non sono nessuno, «sono meno di un foruncolo», ma allora perché questi maledetti piangono, e si rigirano persino nelle acque materne quando la pinza li cerca? Siamo tutti soli

Ci piacerebbe sapere il nome. Non ci interessa il cognome. Nessuno vuole rincorrere quella madre infelice. Sappiamo bene che la sua situazione era difficile. In teoria siamo tutti fratelli, solidali, in marcia per la pace o contro le tasse, ma poi ciascuno è costretto a rincorrere i suoi guai in ascensione solitaria che poi diventa caduta libera. E quella donna lasciata sola, in compagnia di «procedure regolari» e «commissioni interaziendali» che fanno il loro dovere, ha schiacciato il bottone: non voglio vederlo, né saper nulla. Ma bisogna saperle le cose. Se fosse nato lei farebbe fatica, perché tirar grandi i bambini è dura, ma sarebbe meno sola, lui le cercherebbe il seno anche di notte. E spero che oggi sia il suo angioletto, sono ingenuo, candido e magari un po' folle, ma lo penso. Di certo però bisogna criminalizzare sì queste pratiche perfette a cui riesce solo di far fuori la speranza con la scusa dell'umanitarismo e della compassione per la donna. E smettiamola di restare in balia di quest'idea bestiale per cui un atto di violenza, com'è sempre l'aborto, possa essere un male minore. Tutto quanto è basato sulla violenza è assurdo e inutile, non ha futuro.


I never saw your face and now you're gone without a trace
Except the trace of blood that's deeply scarred into my eyes To fill your place

domenica 11 marzo 2007

L'imene femminile: la fonte del Diritto.

A Firenze una donna incinta viene a sapere di una malformazione del bambino che sta aspettando e, nonostante sia avvisata dai medici che la diagnosi è non è sicura, decide di abortire nonostante sia già alla 22esima settimana. "Povero piccolo, non voglio che abbia una vita di sofferenza!" avrà detto. "Non potrà essere felice, soffrirà solamente!" Con quale scienza possa decidere a priori che quel bambino NON potrà essere felice, come faccia a conoscere già da prima tutta la storia della sua vita futura, è un mistero insondabile. Magari ha parlato con le entità attraverso la medium Lorem...
Qualcuno si ricorda di quel dizionario che traduce le parole dette dalle donne in ciò che pensano davvero? Potremmo aggiungere in fondo la frase di cui sopra, traducendola in "Voglio una vita tranquilla e perfetta, non con un bambino handicappato in mezzo alle palle!"
Però Lorem non ha previsto che il bambino sarebbe uscito fuori ancora vivo. Vabbè, doveva abortire, una mazzata in testa e il problema è risolto, no? No: dato che adesso è "nato", e il medico pensa che potrebbe sopravvivere, bisogna fare di tutto per salvarlo; per inciso non ha affatto quella malformazione per cui doveva essere abortito.
Poco prima era un peso di cui sbarazzarsi, in pochi istanti diventa una persona da salvare. Il Diritto alla vita, su cui si fonda qualunque altro diritto umano, poco prima non esiste, poco dopo è da difendere ad ogni costo. Cosa è cambiato in quel bambino? Quale incredibile cambiamento è avvenuto perché si cambiasse atteggiamento in maniera tanto radicale? Semplice: è uscito dall'utero. Uguale a prima, identico in ogni dettaglio, se non che un attimo prima era un feto, una cosa senza alcun diritto, dopo aver oltrepassato l'imene di sua madre si è trasformato in un neonato, è diventato una persona e va salvato. La magica porta dell'imene, probabilmente attraversata da un campo di energia, gli ha conferito il superpotere conosciuto come Diritto alla vita. Strabiliante.
Strabiliante come, in nome di una distorta libertà di decisione della donna, si possa negare con tanta leggerezza il diritto alla vita del bambino, che fin dal concepimento è già altro dalla madre, pur essendovi necessariamente legato per poter iniziare il proprio sviluppo. Una donna ha pienamente diritto di assassinare il proprio figlio, preferibilmente quando non sembra ancora un bambino così da pensare che sta solo uccidendo un insieme di cellule, un po' come un fastidioso tumore benigno, o anche più avanti se questo ha il rischio di avere malformazioni che "di sicuro non gli permetterebbero di essere felice" (e mi romperei il cazzo di accudirlo) nascondendosi dietro l'altisonante (e ipocrita) definizione di aborto terapeutico (che cura unicamente l'egoistica comodità della donna che lo richiede).
Ma poi, davanti all'evidenza oggettiva di trovarsi davanti a un bambino, una persona, anche le più impenetrabili corazze costruite di "professionalità", e rinforzate da una buona dose di cinismo e di ideologica difesa dei diritti delle donne, iniziano a creparsi e a lasciare scoperta l'umanità che si è cercata di nascondere. Per cercare di evitarlo, si pensa a un "consenso informato" da far firmare ai genitori (ma genitori di che, se stanno abortendo?) che chiede se, nel malauguratissimo caso in cui il feto sopravvivesse all'aborto trasformandosi in uno scomodo bambino, si vogliano somministrare tutte le cure possibili perché sopravviva o solo il minimo necessario per farlo schiattare poco dolorosamente. Noi ce ne siamo lavati le mani, la sofferenza del feto, nel caso diventi un bambino, è decisa da voi, è solo vostra responsabilità. Lasciateci la nostra corazza di professionalità e cinismo, per favore.
Ma il diritto della donna a "decidere del suo corpo" è talmente forte, inoppugnabile, inalienabile, che deve essere applicato anche a chi non lo desidera! A Torino una ragazzina di tredici anni rimane incinta, e vuole che quel bambino... pardon, feto, nasca. Ma i suoi genitori e il tribunale decidono che no, non può tenerlo, deve abortire perché non va bene avere un figlio così presto. L'aborto viene compiuto, la ragazzina cade in fortissima depressione per quel figlio che le hanno ucciso e vuole suicidarsi. Dopo un po', la madre della ragazzina ammette che "forse avremmo dovuto tenere conto della sua opinione". Ma no, signora! Avete solo difeso il suo diritto, la sua libertà. Non si preoccupi signora, di sicuro sua figlia non si porterà dietro il trauma psicologico per il resto della vita, come accade invece a tante donne che decidono di abortire, ma nessuno parla di questo perché si potrebbe credere che l'aborto non è una cosa buona che salva la libertà. No, signora, lei ha fatto la cosa giusta, e poi non si può certo diventare nonne alla sua età, signora!

Alla fine di tutto questo, due domande mi sorgono:
1. Non sarebbe il caso di essere un po' più laici nel vero senso della parola, come suggerisce Pierluigi Battista, invece di tapparsi le orecchie gridando "LALALA DIRITTO LALALA LIBERTA' LALALA 194"?
2. Non è che l'imene funziona anche al contrario, cioè toglie il diritto alla vita a ciò che ci entra? Che gli uomini stiano attenti quando hanno un rapporto sessuale, potrebbero mozzare loro il membro temporaneamente privato del diritto di esistere ed avere anche ragione in virtù di questo.

giovedì 8 marzo 2007

La ragione della Ragione

ra|gió|ne
s.f.
1a FO facoltà propria dell’uomo di stabilire connessioni logiche tra idee, che costituisce la base della conoscenza e del discernimento: agire secondo r., non avere l’uso della r., la vittoria della r. sull’istinto, lasciarsi guidare dalla r., ascoltare la voce della r.
1b TS filos., in san Tommaso, l’attività discorsiva e argomentativa dell’uomo contrapposta e subordinata al carattere intuitivo dell’intelletto | nell’illuminismo, strumento di conoscenza che è guida di ogni processo umano e sociale | in Leibniz, fonte della conoscenza della realtà nella sua essenza | in Kant, in campo teoretico, organo della legge morale che prescinde assolutamente dalla sensibilità | in Hegel, artefice del sapere assoluto, che, superate le astrazioni dell’intelletto, attinge all’universale assoluto

L'idea per il titolo di questo blog mi è venuta ripensando al comunicato finale del Meeting di Rimini 2006.
La Ragione è il formidabile strumento conoscitivo dato all'uomo (e, fino a prova contraria, solo all'uomo). La Ragione è il modo in cui l'uomo entra in rapporto con la realtà che lo circonda, la osserva, analizza ciò che ha osservato, coglie i segni che gli permettono di capirla. La Ragione dovrebbe essere un'apertura, per sua natura dovrebbe considerare sia l'evidenza che la possibilità. Ma da troppo tempo, ormai, la Ragione è ridotta, ingabbiata, piegata; la categoria della possibilità è rimossa, l'evidenza è ignorata in favore della propria idea preconcetta, che si cerca di giustificare considerando solo certi aspetti della realtà che fanno comodo, anziché considerarla nella sua interezza. Questo stato di cose sta portando a un sempre più veloce declino della nostra civiltà, che, piano piano, crollerà inesorabilmente sotto la spinta della chiusura mentale, del relativismo che distrugge l'identità di uomo e di popolo, del nichilismo che abbatte la statura dell'uomo e ne cancella l'umanità.

Questo però non sarà esclusivamente un blog dedicato a queste tematiche. Capiterà anche che scriva tante palettate di cavoli miei...