martedì 13 marzo 2007

A Trace of Blood

Quel bimbo che lotta per la nostra imperfezione
di DREYFUS


Un bambino di cui non conosciamo il nome sta lottando per non morire. È in terapia intensiva all'ospedale di Careggi, vicino a Firenze. Pesa 500 grammi. Ha un'emorragia cerebrale. In realtà hanno cercato di ucciderlo. Se sopravvivrà i genitori gli diranno il perché di quella cicatrice alla testa? Il caso è questo. Come ormai si usa, le madri in attesa si sottopongono agli esami per vedere se il bimbo nascerà sano. C'erano esiti contraddittori tra un'ecografia e l'altra, tra la villocentesi e qualche altra analisi genetica. Probabilmente c'era un problema allo stomaco. Forse il piccino era ammalato di atresia dell'esofago. È quando l'esofago non arriva dove dovrebbe arrivare. La mamma informata decide: «Non lo voglio. Si può fare?». Rispondono: «Si può. È un suo diritto. Si applichi la legge». In realtà la legge non lo consentirebbe. Ella è al quinto mese di gravidanza. Se si apre la pancia, quella creatura campa. Cosa succede: le aprono la pancia, estraggono quel "coso". Lo strappano via senza riguardi: tanto dev'essere ammazzato come un agnellino, sacrificato all'idea di un mondo dove bisogna essere sani per puntare alla felicità. Non c'è problema di delicatezza. Afferrano la testa, e lo cavano fuori. Che cosa scoprono i medici: accidenti: lo stomaco è a posto, non è malformato. Bisogna salvarlo. A questo punto nasce lo scandalo. L'Ansa qualifica l'episodio come "malasanità". Per me è criminalità punto e basta. Non è questione di aver sbagliato una diagnosi, la questione è che si usa la medicina per scegliere chi va selezionato per la fossa comune e chi può campare. Se fosse stato con l'esofago fuori posto, non ci sarebbe stato nulla da ridire, nessuna notizia in cronaca. E questo è pure peggio. Mezzo chilo di roba da gettare nel cestino, e se qualcuno lo vuole seppellire, come hanno proposto in Lombardia, si grida all'orrore e alla strumentalizzazione politica. Ora la madre e il padre di Firenze vengono circondati da una barriera di riservatezza. La mamma se lo cullerà? Probabilmente chiede- rà danni miliardari. In fondo, si dice, agiva secondo la legge. La legge in Italia consente l'aborto, si chiama 194. Vero? Tutti lo pensano. In realtà è una gigantesca bugia. La 194 non prevede affatto l'aborto dei feti malformati. L'aborto terapeutico, com'è stata chiamata questa pratica, non c'entra niente. Esso è consentito quando c'è da salvare la vita della madre o da impedire un danno irreversibile alla sua salute. Insomma, l'aborto facile è previsto "solo" fino al terzo mese. Dopo questa data, per interrompere la gravidanza il medico deve certificare che la mamma ne morrebbe. Invece la legge è aggirata. Come si fa? Basta che la mamma, informata della possibilità di un difetto anche lieve del piccino, sostenga che non regge psicologicamente, che se gli nasce un "mostro" avrebbe la salute mentale compromessa. E si fa. Si uccide il bambino. Aggiungere malato è razzismo, perché vuol dire giustificarne la soppressione. La logica e la scienza medica vorrebbero che gli esami fossero condotti per poter curare il pupo al momento della nascita. Invece sono diventati uno scivolo verso la rupe Tarpea. Non so se lo insegnano ancora alle elementari: a Sparta vi lanciavano gli handicappati. Il piccolo era sospettato di atresia esofagea. Ho controllato su un manuale del Bambin Gesù di Roma. Trascrivo: «L'esofago è il primo tratto del tubo digerente che permette il passaggio del cibo dalla bocca allo stomaco. Nell'atresia esofagea vi è una interruzione dell'esofago spesso associata alla presenza di una comunicazione con la trachea, la quale ha il compito di permettere il passaggio dell'aria nei polmoni. In circa la metà dei casi (47% nella nostra esperienza) possono associarsi anomalie di altri organi o apparati, non necessariamente gravi. Queste riguardano in particolare l'apparato cardiovascolare, digerente, scheletrico e urogenitale». Segue una domanda: «È un problema risolvibile?». Risposta: «Sì, in oltre il 90% dei casi grazie all'intervento chirurgico». Ciascuno di noi è imperfetto. Se si potessero leggere le imperfezioni della morale, che sono più gravi di quelle fisiche, non sopravvivrebbe nessuno. Specie chi ha deciso ed eseguito quella sentenza di morte malriuscita. Mi domando: se avessero appurato che quel piccino aveva sul serio l'atresia dell'esofago, che gli facevano? Usavano un ferro da stiro per schiantarlo? O lo lasciavano pigolare un minuto in attesa che crepasse come un animaletto nel deserto? Ah no, magari si faceva in tempo a prelevare qualche cellula buona per la ricerca scientifica. Contento, bambinetto, di essere utile?


Morto il piccolo abortito sano
Ma per il comitato va bene così

di DREYFUS

Non ha resistito. Stava nella macchinetta della rianimazione. Non lo volevano i suoi genitori, ma lui probabilmente li voleva. Desiderava stare al mondo perché questa è la natura delle creature, non sapeva ancora se ferito o intero, ma ci contava. Uno che gli volesse bene ci sarebbe stato, una donna da cui poppare l'avrebbe trovata, e poi gli avrebbe messo i calzini. Invece è morto. Parliamo di lui, il cui nome non c'è. Dopo essere contemporaneamente nato e ucciso all'ospedale Careggi, era stato trasferito all'istituto pediatrico Meyer, sempre sotto la giurisdizione delle Asl di Firenze. Abbiamo ascoltato la telecronista di Sky spiegare che «la commissione interaziendale» ha decretato che tutte le «procedure sono state regolari». Il commento è stato: «Importante ora è non criminalizzare». Non si può neanche morire o essere uccisi come Dio comanda, occorre il timbro della burocrazia che spiega: operazione perfetta. Guai criminalizzare. Senz'altro. Ma forse più che condannare l'eventuale criminalizzazione occorrerebbe chiamare crimine quanto è accaduto con il timbro della legge e si facesse per il futuro in modo che sia impossibile. Impossibile almeno con la benedizione del codice e della cultura dei professori i quali non hanno dubbi: «La legge è così, i medici hanno fatto il loro dovere», ha spiegato alla Stampa il luminare Carlo Flamigni. La logica da obitorio

Vorremmo capire questo: dovrebbe bastarci il fatto che il bambino è stato ucciso secondo i regolamenti, che ciascuno ha fatto il proprio dovere? Il più bravo a eseguire il compito è stato il bambino: obbedientissimo. Infatti è morto. Non stiamo facendo gli spiritosi, è che non ne possiamo più di questo umanitarismo da becchini, ci è insopportabile questa logica da obitorio che ritiene l'aborto un diritto civile. E permette di fare un titolo così: «Sanità nella bufera per un aborto sbagliato».Perché l'aborto è sbagliato? Perché non è morto subito? Se aveva l'esofago leggermente difettato, allora non era sbagliato, nessuna bufera e almeno a Firenze non ci sarebbe neanche il problema di seppellirlo. È a Milano che la Regione Lombardia ha previsto per legge l'inumazione. Che orrore. Infatti si spazientisce «il primario della Mangiagalli: frigoriferi pieni» (Repubblica). Per intendersi: pieni di bambini fatti fuori come quello di Firenze. Come scrisse Martin Amis sull'Urss di Lenin e Stalin, il problema ad un certo punto non era se uccidere o no: ammazzare non dà problemi, ma poi dove mettere i morti? Non abbiamo l'ossessione dell'aborto. Neanche quella della "sacralità della vita". Ci importa questa vita precisa, che era stata destinata non solo alla soppressione ma all'oblio. Ora ci fanno sapere che il pupino ha un nome, ma è segreto. Sarebbe interessante saperlo per ricordarlo. Finché una creatura non ha nome è inesistente. Merita un ricordo. Qualche matto potrebbe persino pregarlo. Di certo è un martire, che in greco vuol dire testimone, e - secondo il cristianesimo - è «colui che versa la sua vita». Nessuno più di lui. Nessuno più di lui, ma lui come altri duecentomila che - maledizione - rischiano di riempirci i frigoriferi, e magari non è nemmeno possibile far sì che siano utili per la ricerca scientifica. Poveri bambinetti o feti o zigoti, come li chiama Pannella, non sono nessuno, «sono meno di un foruncolo», ma allora perché questi maledetti piangono, e si rigirano persino nelle acque materne quando la pinza li cerca? Siamo tutti soli

Ci piacerebbe sapere il nome. Non ci interessa il cognome. Nessuno vuole rincorrere quella madre infelice. Sappiamo bene che la sua situazione era difficile. In teoria siamo tutti fratelli, solidali, in marcia per la pace o contro le tasse, ma poi ciascuno è costretto a rincorrere i suoi guai in ascensione solitaria che poi diventa caduta libera. E quella donna lasciata sola, in compagnia di «procedure regolari» e «commissioni interaziendali» che fanno il loro dovere, ha schiacciato il bottone: non voglio vederlo, né saper nulla. Ma bisogna saperle le cose. Se fosse nato lei farebbe fatica, perché tirar grandi i bambini è dura, ma sarebbe meno sola, lui le cercherebbe il seno anche di notte. E spero che oggi sia il suo angioletto, sono ingenuo, candido e magari un po' folle, ma lo penso. Di certo però bisogna criminalizzare sì queste pratiche perfette a cui riesce solo di far fuori la speranza con la scusa dell'umanitarismo e della compassione per la donna. E smettiamola di restare in balia di quest'idea bestiale per cui un atto di violenza, com'è sempre l'aborto, possa essere un male minore. Tutto quanto è basato sulla violenza è assurdo e inutile, non ha futuro.


I never saw your face and now you're gone without a trace
Except the trace of blood that's deeply scarred into my eyes To fill your place

2 commenti:

Mab the Evil ha detto...

Posso dire che non mi piace l'acostamento della canzone dei POS, alla vicenda trattata?
Il tema di fondo è il medesimo ma, a mio avviso, ci troviamo su due livelli concettuali *molto* differenti.

In Remedy Lane c'è il tema del rimorso, dovuto alla convinzione che le proprie azioni siano state la causa scatenante la conseguenza.

Nei fatti che citi tu invece di questo rimorso non ce ne è traccia, ma si tratta invece di una scelta, magari sofferta (sfido chiunque a prendere una decisione del genere a cuor leggero), ma purtroppo consapevole.

Quindi paragoni una casualità inevitabile, ad una scelta consapevole e (a tuo giudizio) evitabile.

Ciao!

Avion ha detto...

Lo so benissimo, quelle parole rappresentano il mio stato d'animo in questa vicenda: sono io, o noi tutti, che "non abbiamo mai visto il tuo volto, e ora te ne sei andato" ecc. ecc. Sono decontestualizzate dalla canzone originale.
Come veniva detto nel "postino di Neruda", le parole di una poesia non sono di chi la scrive, ma di chi le usa. :)